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Il tema della salvaguardia dell’ambiente è sempre in primo piano, soprattutto quando si tratta di riciclo e della possibilità di ridare vita a un prodotto o trasformarlo in qualcosa di utile per il nostro pianeta, come l’energia.
Quando si parla di vestiti usati, ci viene spontaneo chiederci che fine fanno le tonnellate di capi che ogni anno vengono raccolti. Sappiamo che la maggior parte di essi è destinata alla donazione e alla rivendita nei negozi specializzati, presenti sia in Italia che all’estero. Ma quanto di questo tessuto viene riciclato?
A regolare il ciclo degli abiti usati, nel 2016 è intervenuta la Legge contro gli sprechi, precisamente la n. 166, che in parte modifica il Dm Ambiente del 5 febbraio 1998 e stabilisce nuove norme per il reimpiego dell’abbigliamento usato. In base a quanto riportato dall’articolo 14, infatti, vengono ritenuti come “rifiuti” non riciclabili tutti gli articoli di abbigliamento usato non ceduti a titolo gratuito da privati alle sedi operative di Enti senza fini di lucro, oppure capi non ritenuti idonei al riutilizzo.
Di conseguenza, ci si aspetterebbe che una gran parte dei capi usati raccolti annualmente venga reimpiegata in nuovi cicli di consumo attraverso il riciclo delle fibre tessili. Purtroppo, però, non è sempre così e molte di queste tonnellate di “rifiuti” finisce nelle raccolte indifferenziate a discapito dell’ambiente.
Molti di questi vestiti, infatti, contengono coloranti e sostanze chimiche e rappresentano un pericolo per i terreni dove vengono stoccati in attesa di essere distrutti.
Quali sono le cause che impediscono il riciclo degli abiti usati?
Negli ultimi anni la durata media di un capo di abbigliamento si è notevolmente abbassato, complice uno stile di vita basato sempre di più sul consumismo e all’orientamento dei consumatori verso economicità e quantità, a dispetto della qualità dei tessuti. Le catene di abbigliamento low cost aiutano la crescita del fenomeno “usa e getta” ma non aiutano l’ambiente.
Sappiamo che la raccolta dei vestiti usati, si parla di 8 mila tonnellate raccolte nella sola diocesi di Milano, genera anche un incredibile volume economico. Ma vanno considerati anche i costi generati dallo stoccaggio di tutto questo materiale, che spesso non è idoneo ad essere indossato e deve essere sottoposto ad una ulteriore fase di sterilizzazione.
Fibre naturali e fibre sintetiche
Non tutti i capi di abbigliamento possono essere riciclati e questo dipende dalle fibre che li compongono. Infatti, come sappiamo, il riciclo è possibile quando un capo di abbigliamento è costituito da sole fibre naturali (cotone, lana, viscosa) oppure da sole fibre sintetiche (nylon, poliestere, acrilico). Il problema sorge, invece, quando i capi usati sono composti da fibre miste, come cotone e acrilico. In questo caso riciclare le fibre diventa impossibile a causa dei costi troppo elevati.
Quanti abiti usati vengono riutilizzati?
Stando alle statistiche, in Italia circa il 70% dei capi usati finisce per essere nuovamente indossato, il restante 30% ritorna una fibra o filato (25%) oppure termina il suo ciclo nel termovalorizzatore trasformandosi in energia (5%).